Dubbi, paure e buoni propositi da Svevo a Wilder.
“Quando la moglie è in vacanza”, del 1959, è il primo dei due film di Billy Wilder nei quali Marilyn Monroe è la protagonista femminile. La famosa attrice recita quasi in prima persona, in quanto il suo personaggio, “la ragazza del piano di sopra” non ha un nome preciso e nelle scene finali viene paragonata a se stessa. La personalità dolce, delicata ma ingenua del personaggio che interpreta la fa brillare come una stella che sa ispirare le persone che hanno la fortuna di incontrarla senza chiedere nulla in cambio. Altro che bionda svampita, come è stata più volte definita!
Richard Sherman, il “fortunato” protagonista maschile, è un uomo sposato che vive con estrema angoscia tutte le sue pulsioni, da quelle più banali, come il desiderio di bere un drink, fino a quelle più proibite, come l’adulterio e può essere paragonato al protagonista del famoso romanzo di Svevo “La coscienza di Zeno”, pur con esiti molto diversi, in quanto Richard riuscirà a riunire sogni e realtà, comprendendo che la felicità si raggiunge solo dopo aver accettato la propria storia personale e dando valore ai sentimenti e alle relazioni fondamentali nelle nostre vite, mentre Zeno giungerà a sentire impulsi distruttivi rivolti all’intero genere umano.
Billy Wilder in questo film descrive una società, in apparenza perfetta, in cui le persone hanno un lavoro, i più fortunati in ambiti elevati, come l’editoria per il protagonista; le mamme possono dedicarsi alla famiglia, oppure se lo preferiscono possono lavorare sebbene in ruoli subalterni, e c’è perfino, per chi può, l’aria condizionata nelle case private. Ma quando arriva il caldo dell’estate, New York si svuota; i “bravi” mariti si “sacrificano”, mandando in montagna o al mare moglie e figli, rimanendo nel bollore a guadagnare per tutta la famiglia.
Però c’è un problema: il nostro Richard è ossessionato da tic o pensieri angoscianti che, per dirla con linguaggio freudiano, sembrano essere l’esito di una eccessiva repressione. Egli si rifugia in continue fantasticherie che rendono il film surreale, e possiamo ipotizzare che anche tutto ciò che riguarda l’incontro con la splendida ragazza vicina di casa sia solo un sogno ad occhi aperti del protagonista, che al termine si risveglia pienamente.
La sceneggiatura del film è tratta da una pièce teatrale che veniva rappresentata quasi in contemporanea rispetto alla pellicola, ma con una maggiore libertà dal punto di vista dei dialoghi e della trama, poiché la censura americana agiva soprattutto sugli spettacoli potenzialmente alla portata di un pubblico più vasto. Wilder lamentava che le battute e le situazioni più divertenti non potevano essere utilizzate nel film perché non avrebbero superato il severo vaglio del “codice Hays”, un codice di autoregolamentazione per la morale, che Hollywood si era dato, per prevenire eventuali divieti di far uscire i film. Tuttavia il regista è riuscito a inserire tra le righe un’ironia nei confronti della censura che ha sortito un effetto forse ancor più dirompente. Viene quindi mostrata una satira degli atteggiamenti moralistici della società statunitense di quegli anni e realizzato un film che sottolinea quanto le repressioni eccessive possano essere pericolose, sia in ambito artistico che personale.
Benché Wilder prenda quasi sempre in giro nei suoi film la Psicanalisi (addirittura un personaggio del film è uno psicanalista) in realtà ne avvalora e divulga le tesi (lo stesso possiamo dire per Svevo, in particolare ne “La coscienza di Zeno”), in questo caso con numerosi riferimenti, ad esempio ad uno dei saggi più famosi di Freud, Totem e tabù, frutto di un amplissimo studio antropologico che ribadisce quanto il film ci mostra: cioè che alcuni nostri comportamenti moderni hanno tratti simili a quelli delle società primitive da cui deriviamo. Nel corso del film Wilder fa pronunciare a Sherman una battuta: “sotto questa patina di civiltà siamo tutti primitivi”, mentre nella prima scena c’è una parodia dei nativi americani che mostrano di assomigliare molto agli attuali abitanti dell’isola di Manhattan.
Il nostro Richard alla Central Station di New York saluta la famiglia (la moglie Helen ed il figlio Ricky, diminutivo del suo stesso nome, forse a simboleggiare una forte rivalità tra i due “maschi” della famiglia). In parole povere, scegliendo di dare al figlio lo stesso nome del padre, il regista e gli sceneggiatori fanno un altro omaggio a Freud evidenziando con l’omonimia quanto il figlio sia “rivale” del padre e viceversa nei confronti dell’amore materno in quello che Freud chiama “Complesso di Edipo”. Qui Richard cerca di baciare il figlio che è equipaggiato con una tuta spaziale completa di casco, ma non ci riesce perché il bambino si sottrae dicendo: “Mamma, papà mi sta soffocando!”, e questo può evidenziare la loro rivalità. Nel trambusto, il protagonista non fa in tempo a consegnare la pagaia relativa alla canoa che il bimbo sta portando in vacanza, pagaia che “perseguiterà” il padre per tutto il film e che sarà uno degli oggetti simbolici più importanti della trama, quasi una protagonista, dato che il ragazzo non potrà utilizzare la canoa finché non rientrerà in possesso dell’attrezzo. La canoa può rappresentare un simbolo femminile come le barche in genere e la pagaia invece un simbolo maschile, ed ambedue non possono funzionare separatamente: ennesima citazione filosofica di unione degli opposti.
Uscito dalla stazione, a Richard si presenta la prima “tentazione”: passa una ragazza. Ma subito si dice: “Io no!” e si dirige al lavoro alla Casa editrice con alcune ben salde certezze in testa: anche se ora è solo e “libero”, non fumerà, non berrà alcolici, mangerà vegetariano o addirittura vegano, andrà a letto presto dopo essersi portato il lavoro a casa (il manoscritto di un trattato di psicopatologia sessuale in via di pubblicazione, che ci fa supporre un’allusione a “Psicopatologia della vita quotidiana”, altro capolavoro di Freud) e, naturalmente, non andrà a “sfarfallare in giro” come il suo capo in ufficio e quasi tutti gli altri mariti che si trovano in questa temporanea situazione estiva. La lettura di questo libro di psicopatologia finirà peraltro per scatenare le sue paure.
Richard, arrivato a casa dopo il lavoro ed una cena in un ristorante vegano, metterà un piede su un pattino abbandonato dal figlio in mezzo al pavimento e farà un bello scivolone, a dimostrazione che la rivalità col figlio continua anche in assenza di questi. In quel momento conoscerà “la ragazza”, interpretata da Marilyn Monroe. È significativo che questo personaggio del film non abbia nemmeno un nome, tanto che, come abbiamo già accennato, può sorgere perfino l’ipotesi che sia un semplice frutto della fantasia di Richard, causato dai suoi desideri repressi e generato dalla lettura del testo psicoanalitico sopra citato. Come causa scatenante abbiamo una rivista fotografica, U.S. Camera, in cui Marylin stessa compare come modella.
In questa trama in cui realtà e fantasia si mescolano continuamente, la ragazza suonerà il campanello per farsi aprire il portone sulla strada: abita temporaneamente nell’appartamento sopra quello del nostro. Ma Richard per ora rimane saldo nelle sue convinzioni: si mette in una poltrona in giardino ed apre il testo intitolato L’uomo ed il suo inconscio: gli stimoli repressi nel maschio maturo, sue origini e conseguenze, in attesa della telefonata delle dieci di sera che la moglie gli ha promesso, o minacciato, dato che una telefonata a casa serve ad impedire che lui esca per la serata. Ma subito ha una delle sue fantasie.
In questa fantasticheria Richard immagina una conversazione con la moglie, seduta in una poltrona di fronte a lui come in una famosa tecnica psicologica che si chiama “della sedia vuota”. Richard esalta le sue “qualità di marito onesto” che non ha mai ceduto alle innumerevoli occasioni di tradirla che avrebbe avuto nel corso della loro vita matrimoniale a causa del suo innegabile fascino. L’immagine gli risponde con sonore risate sarcastiche le quali, in prospettiva, spingeranno Richard a disattendere i suoi propositi di morigeratezza e fedeltà.
Una pianta che cade dal balcone del piano di sopra un istante dopo che lui si era alzato dalla sedia a sdraio del suo giardino lo riporta momentaneamente alla realtà. Il protagonista ce ne svela lui stesso il significato simbolico avvalorando le nostre ipotesi: ”Lei crede che quella pianta sia cascata da sé? Gli incidenti non esistono: li causiamo noi!”.
Ma lasciamo agli spettatori il piacere di riscoprire questo bellissimo film, sempre attuale. Naturalmente ci sono più cose da dire su questa splendida pellicola del regista austro-statunitense: molte le noterete voi stessi, altre, se vorrete le potrete leggere a breve in una monografia su Wilder che stiamo preparando.
In conclusione possiamo dire che “Quando la moglie è in vacanza” abbia alcune tematiche in comune con il capolavoro di Italo Svevo, ma con un finale decisamente più ottimista e, a nostro avviso, proprio grazie al personaggio interpretato da Marylin, che aiuta il protagonista ad uscire dallo stallo in cui si trovava e a prendere la decisione migliore per sé e per la sua famiglia.